Nell’ultimo episodio del podcast Hic Sunt Somniatores, Gianluca Orrù dialoga con Federico De Giuli: architetto, imprenditore, costruttore e figura attiva nella vita civica torinese. Una conversazione che attraversa le trasformazioni urbane, il ruolo della partecipazione politica e l’urgenza di ripensare l’istruzione come chiave per il futuro.
Da anni, De Giuli è impegnato nella valorizzazione del territorio urbano attraverso l’architettura, il turismo e l’attivismo civico. È sua, ad esempio, la riconversione dello storico edificio di Piazza Carlina – oggi NH Collection – simbolo di una Torino che ha saputo rinascere anche grazie all’impulso delle Olimpiadi 2006.
“Torino ha capito solo tardi il potenziale del turismo come motore economico”, spiega De Giuli, che sottolinea come oggi la città stia recuperando terreno anche su questo fronte, grazie a una nuova generazione di progetti – alberghieri e culturali – in grado di attrarre investimenti e visitatori. Ma il turismo, da solo, non basta: “Una città che vuole essere industrialmente competitiva e culturalmente viva ha bisogno di servizi, studentati, offerta formativa e visione di lungo periodo.”
Il tema della casa – tra overtourism, Airbnb e affitti studenteschi – si intreccia con la necessità di nuove politiche pubbliche e strumenti urbanistici in grado di garantire accesso e qualità della vita. Ma il punto più politico arriva nella seconda parte della puntata, quando si parla di civismo, partecipazione e futuro delle istituzioni.
De Giuli è uno dei fondatori di un laboratorio civico nato per riattivare la discussione pubblica sui destini della città. Un’esperienza che ha raccolto grande interesse, ma che ha anche rivelato i limiti di molte iniziative “dal centro verso la periferia”. Il rischio, spiega, è che il civismo diventi una voce solo per i già rappresentati, lasciando fuori i quartieri, i giovani, chi non partecipa o non vota.
Un’idea radicale: una Camera dei Giovani
Ed è proprio in questo contesto che arriva una proposta visionaria: trasformare il Senato italiano in una Camera dei Giovani, composta da cittadini sotto i 40 o 50 anni, con il compito di legiferare sui temi che impattano il lungo periodo – educazione, ambiente, transizione ecologica.
“Oggi l’Italia è una democrazia sbilanciata. I più anziani votano di più e orientano le politiche pubbliche verso pensioni e sanità. I giovani, che erediteranno il futuro, non hanno strumenti per incidere. Una Camera dei Giovani potrebbe riequilibrare il sistema.”
Al centro del suo impegno resta però l’istruzione: “È il settore su cui vale davvero la pena investire. Solo una società più colta, più consapevole e più creativa può aspirare a essere anche più felice.”
Federico De Giuli non propone una rivoluzione gridata. Al contrario, invita a ricostruire i luoghi del dibattito, le piazze del confronto, i dispositivi che generano pensiero condiviso. Una democrazia matura, per lui, nasce non tanto dal voto, quanto dalla formazione delle idee che lo precedono.