Costruire ponti in un tempo di fratture, come l’America che ci piace
In un’epoca segnata dalla crisi del multilateralismo e da crescenti tensioni commerciali, la figura di Barbara Graffino si distingue per coerenza e determinazione. Imprenditrice, fondatrice di startup, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino, componente del Consiglio Generale di Intesa della Compagnia di San Paolo, Graffino opera da anni in ambiti tra loro diversi, ma tenuti insieme da un filo conduttore preciso: la volontà di generare impatto.
Ascolta “L'America che ci piace, in Italia e in Europa, con Barbara Graffino” su Spreaker.Un contesto instabile, una cultura della cooperazione che si perde
Il contesto attuale non è favorevole. Le tensioni globali, l’indebolimento della cooperazione internazionale, l’inasprirsi dei dazi e la chiusura dei mercati preoccupano le imprese italiane, in particolare quelle che – come molte in Piemonte – hanno fatto dell’export uno dei principali fattori di resilienza. “Siamo di fronte alla crisi della cooperazione”, afferma Graffino, “non solo della globalizzazione”.
La dinamica “noi contro loro” sostituisce progressivamente la logica della collaborazione tra stati, territori e imprese. È un cambio di paradigma che incide sulla fiducia, sul dialogo tra le istituzioni e sulla possibilità di pianificare strategie industriali. “Abbiamo vissuto 70 anni di pace perché esistevano determinati presupposti. Oggi quei presupposti stanno venendo meno, e non ci vuole molto a tornare indietro”.
Dazi, startup e la minaccia all’economia aperta
I dazi colpiscono in prima battuta le aziende esportatrici, ma gli effetti si propagano rapidamente lungo tutta la filiera, fino ai consumatori. Il rischio, spiega Graffino, non è solo economico: è culturale. “Quando i ponti costruiti in anni di lavoro vengono abbattuti, tutti gli attori ne pagano le conseguenze. E chi, come me, lavora con le startup, sa bene quanto la crescita oggi dipenda dall’accesso ai mercati internazionali”.
Quella che viene meno non è solo una condizione economica favorevole, ma l’idea stessa di un mondo interconnesso, in cui la collaborazione sia considerata un valore competitivo. Graffino cita un libro di Bruce Katz, The Metropolitan Revolution, che già alcuni anni fa parlava della collaborazione come nuova forma di competizione. “Collaboration is the new competition”, scriveva Katz. E i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite lo confermano, con il Goal 17 dedicato esplicitamente alle partnership.
Un percorso trasversale con un asse costante: l’impatto
Nella traiettoria professionale di Barbara Graffino – da Talent Garden a Wrust, dalla Compagnia di San Paolo all’Unione Industriale – l’elemento ricorrente non è la specializzazione, ma la capacità di abitare contesti complessi, costruire ponti, generare impatto. “Chi legge il mio CV potrebbe pensare a un percorso disomogeneo. In realtà, c’è una coerenza profonda: ho sempre cercato ambienti dove si incontrano mondi diversi, dove si può produrre trasformazione reale”.
Nel lavoro con la Compagnia di San Paolo, ad esempio, questo significa far dialogare soggetti molto lontani tra loro: la prima banca del Paese e una cooperativa che si occupa di fragilità sociale. L’elemento comune è sempre la possibilità di contribuire a un’evoluzione sistemica.
Autenticità, coerenza, impegno civile
L’autenticità è, per Graffino, un presupposto irrinunciabile. “Non riesco a essere diversa da ciò che sono, e non credo sarebbe sostenibile nel lungo periodo”. A questo si affianca un impegno civico che l’accompagna da sempre. “Anche da ragazza dedicavo tempo ad attività sociali. È qualcosa che, se lo hai dentro, non si spegne mai”.
Alla domanda su quale sogno vorrebbe vedere realizzato tra dieci anni, la risposta è netta: “Vorrei un’Italia più simile all’America che ci piaceva un tempo. Un paese in cui chi ha un sogno possa davvero realizzarlo. In cui la mobilità sociale non sia un’eccezione ma una possibilità concreta”.
Una cultura della possibilità
Barbara Graffino non è una teorica dell’ottimismo, né una narratrice di illusioni. Il suo sguardo è lucido, la sua posizione radicata nei dati e nella pratica. Eppure, la sua traiettoria testimonia la possibilità di mantenere una tensione progettuale anche dentro contesti difficili. In un tempo che smantella ponti, la sua è una voce che continua a costruirli.