John Elkann è di destra o di sinistra? Spoiler, è dalla parte del Capitale

Silenzioso, defilato, mai sopra le righe. John Elkann è l’opposto del miliardario modello Silicon Valley. Niente interviste fiume, nessun tweet esplosivo, zero provocazioni da palcoscenico. Eppure il presidente di Stellantis, Ferrari e della holding Exor muove capitali per decine di miliardi, controlla un impero industriale tra Europa e USA, partecipa ai vertici del capitalismo globale e continua a giocare una partita tutta sua. Ma quale?

Chi è davvero John Elkann?
Un Agnelli di terza generazione, sì, ma anche qualcosa di più. È il custode di una dinastia in trasformazione. L’uomo che ha trasformato la Fiat in Stellantis, ha portato la Ferrari in Borsa, ha rafforzato Exor fino a farne uno dei gruppi di investimento più influenti d’Europa. Ma soprattutto, è il regista discreto di un piano di lungo periodo che mescola finanza, industria, intelligenza artificiale e… stampa.


1. Il potere della discrezione

In un mondo in cui i miliardari si costruiscono marchi personali a colpi di social e dichiarazioni roboanti, Elkann fa esattamente il contrario. Nessun battibecco pubblico, nessuna passerella gratuita. Il suo metodo è la continuità, la delega, la protezione dei simboli (come Ferrari) e la diversificazione lenta ma radicale.

Negli ultimi anni, mentre tutti guardavano a Musk e Bezos, Elkann ha:

  • consolidato Stellantis come quarto produttore mondiale di auto,
  • trasformato Exor in una holding con interessi che vanno da reinsurance a biotech,
  • acquistato una quota nel gruppo editoriale Economist,
  • e investito in aziende che sviluppano intelligenza artificiale applicata al settore manifatturiero.

Una mappa di interessi che copre il passato (auto, editoria) e il futuro (IA, salute, dati), mantenendo saldo un principio: non farsi mai notare più del necessario.


2. L’impero invisibile

Exor, la cassaforte di famiglia, è oggi una delle più raffinate holding europee. Oltre a Stellantis e Ferrari, controlla:

  • il gruppo assicurativo PartnerRe (poi ceduto per oltre 9 miliardi),
  • la Juventus (in fase di smobilitazione),
  • il settimanale The Economist,
  • e ora una quota crescente di startup strategiche nell’ambito mobilità, dati e salute.

L’ultimo segnale? La creazione di Lingotto Investment Management, una società con sede a Londra che punta a diventare il “braccio finanziario” per gli investimenti tecnologici del gruppo.

Ma per chi osserva con attenzione, qualcosa sta cambiando: Elkann si sta progressivamente sfilando dalle attività più visibili (come il calcio) e concentrando risorse e attenzione sulle infrastrutture del XXI secolo: mobilità, energia, dati, capitale umano.


3. Perché non ne parla nessuno?

Una parte della risposta è semplice: Elkann non vuole essere al centro del dibattito. Ma un’altra parte riguarda l’Italia.

Nel nostro Paese, parlare degli Agnelli significa entrare in un campo minato di simboli, memorie e narrazioni: la Fiat, la Juventus, la Torino operaia, la Marchionne-era. John Elkann ha preso tutto questo e lo ha smontato, ricostruito e rilanciato altrove — in Olanda, in Inghilterra, a Wall Street.

Non è un tradimento. È un disegno.

E in Italia, dove il potere è spesso ostentazione, la strategia del silenzio genera invisibilità. Ma invisibilità non è assenza.


4. Qual è il suo vero progetto?

Dietro la calma glaciale e il low profile, Elkann sembra giocare una partita molto ambiziosa: trasformare l’eredità Fiat in una macchina da investimento europea capace di dettare le regole nei settori-chiave del futuro.

Industria, energia, assicurazioni, dati, salute.
Più che costruire auto, Elkann vuole costruire un sistema.
Un ecosistema.

E forse è proprio questo che rende il suo silenzio ancora più eloquente.


5. L’ultima mossa sarà la stampa?

C’è un segnale che non va sottovalutato: la presenza crescente nel mondo dell’editoria internazionale. The Economist, Repubblica, GEDI, torneranno al centro della sua attenzione?

In tempi in cui la narrazione è potere, controllare i mezzi dell’informazione resta cruciale. Elkann lo sa. Non si espone, ma li custodisce. E forse li sta riorganizzando per una battaglia che non ha ancora annunciato.


Chi è John Elkann oggi?
Un industriale? Un finanziere? Un custode dinastico? Un fondatore in incognito?

Oppure, semplicemente, il miliardario più misterioso d’Europa, che ha capito che il potere più duraturo è quello che si esercita senza far rumore.

Geopolitica e Meta

A inizio gennaio 2025, John Elkann è entrato nel consiglio di amministrazione di Meta – la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp – insieme a figure come Dana White e Charlie Songhurst bloomberg.com+7about.fb.com+7mido.com+7. Mark Zuckerberg ha definito Elkann una voce cruciale per “affrontare le vaste opportunità di IA, dispositivi indossabili e connettività umana” moparinsiders.com+2about.fb.com+2mido.com+2.

Il peso geopolitico è enorme: Elkann porta un’esperienza industriale e finanziaria che può fungere da ponte fra la Silicon Valley, l’Europa e il mondo automotive. Meta – con i suoi piani su IA e metaverso – potrebbe diventare una palestra per Stellantis, Ferrari e le startup tecnologiche di Exor, in un crocevia di tecnologie, dati e lusso hi-tech alchemy.substack.com+10motor1.com+10moparinsiders.com+10.


L’asse con la Cina

Nel marzo 2025, parlando al Parlamento italiano, Elkann ha sottolineato l’importanza strategica delle relazioni industriali con USA e Cina, escludendo però un ingresso diretto nel settore della difesa reuters.com+1wetheitalians.com+1. Il suo messaggio è netto: l’automotive europeo può competere solo mantenendo legami produttivi e tecnologici con Pechino, senza perdere l’autonomia strategica.

È un equilibrio delicato: mentre Stellantis investe in componentistica e catene globali, Elkann vuole evitare che la concorrenza cinese diventi un pericolo geopolitico, mantenendo relazioni costruttive ma difensive.


Aneddoti e ritratti: l’uomo dietro il mistero

Dietro il volto composto e discreto di John Elkann, ci sono storie che raccontano piccole epifanie, scambi profondi, gesti fuori dall’ordinario. Ecco alcuni episodi che rivelano la sua natura unica:


🌙 Passeggiata notturna con Elon Musk lungo la Senna

Nel giugno 2023, Elon Musk – smaliziato dal jet‑lag – propone una passeggiata improvvisata lungo la Senna a Elkann, che si trovava a Parigi. “Vorrebbe vedere l’ambasciata sudafricana”, gli spiega via messaggio. Elkann si presenta con una bottiglia di grappa caricata a mano, e la serata si dipana tra chiacchierate e brindisi sotto le stelle, con un semplice “Cheers, Elon!” che rompe la formale compostezza da vertice finanziario youtube.com+3lepoint.fr+3alchemy.substack.com+3. Un’uscita notturna che, nei racconti di chi c’era, avrebbe potuto essere scambiata per un tête-à-tête tra vecchi amici, piuttosto che tra CEO globali.


🎁 Regali «personali» ai giganti della Silicon Valley

Durante una visita alla “private lounge” con ospiti illustri — tra cui Michael Kadoorie (Peninsula Hotels), Patrick Collison (Stripe), Sam Altman (OpenAI) e Kimbal Musk — Elkann ha mostrato il suo lato «artigiano-culturale». Ha consegnato un insolito “servizio diplomático gustativo”: cioccolato caldo latinoamericano, nocciole piemontesi e persino un dono symbolico per Elon progettato per “seminarli su Marte” con motto “Ad astra” lepoint.fr. Il fine? Non stupire, ma costruire relazioni attraverso il cibo e l’arte, come la grappa che ancora oggi circola nei racconti.


🗺️ Il “nessun luogo e ogni luogo” di Christine Lagarde

Christine Lagarde, attuale presidente della BCE, lo descrive come un uomo che «viene da nessun luogo e da ogni luogo» ipersoap.comlepoint.fr. Metà torinese, metà cosmopolita, Elkann è nato a New York, cresciuto fra Rio, Londra, Parigi e poi tornato a Torino, sempre — raccontano — circondato da bodyguard, per protezione. Sua sorella Ginevra ricorda come “si muovessero in auto blindate” persino per una semplice visita alla famiglia. Un’infanzia vissuta fra sicurezza e internationalismo, che oggi si traduce in un’identità globale senza patria — e in un uomo che ti accoglie con chiarezza e discrezione.


👨‍👩‍👧‍👦 La famiglia custode di un’eredità potente

La parabola degli Elkann inizia da New York, quando i suoi nonni – Jean‑Paul e Carla Ovazza, ebrei in fuga dall’antisemitismo – si stabilirono negli Usa. Tornati poi in Europa, avevano già intuito che i loro figli – Alain e Margherita, i genitori di John – avrebbero vissuto fra Italia e USA. Il risultato? Un Elkann a suo agio in entrambe le sponde dell’Atlantico. “Ho vissuto per quattro mesi all’anno a New York”, dirà Elkann durante un discorso politico-industriale, sottolineando che l’America rimane per lui un “Paese fondamentale” lepoint.fr.


👔 La cortesia nelle relazioni pubbliche

Nel suo nuovo ruolo come presidente dell’Economist Group, Elkann è stato accolto dai colleghi con l’immagine di un leader attento: pochi proclami, molte domande. Zanny Minton Beddoes, direttrice dell’Economist, ricorda un uomo con “connessioni profonde nella Silicon Valley” , capace di portare idee forti senza imposizioni. Maurizio Scanavino (GEDI) ricorda invece quando Elkann, ancora giovanissimo, collegio universitario alle spalle, mostrava già disciplina, riservatezza e metodo, segno di un carattere temprato dal gioco di squadra familiare.


Questi spaccati lo raccontano non solo come un grande imprenditore, ma come un mediatore culturale: capace di viaggiare fra mondi, linguaggi e relazioni pur restando autentico — un uomo che comunica nel silenzio, con una stretta di mano e un brindisi a mezzanotte sulla Senna.

Il miliardario misterioso

John Elkann è il contrario dell’oligarca moderno: non urla, non divide, non pretende visibilità. Muove miliardi, siede ai tavoli dove si disegnano gli equilibri tra industria, tecnologia e geopolitica, ma resta in ombra, fedele a una tradizione che privilegia la forma alla sovraesposizione, il gesto alla dichiarazione. Per questo è misterioso: non perché sia indecifrabile, ma perché è rimasto uno dei pochi a credere che il potere vero non abbia bisogno di esibirsi.

In un tempo in cui i miliardari si trasformano in influencer, Elkann continua a comportarsi da erede e da stratega, lasciando che a parlare siano le sue mosse, i suoi investimenti, le sue alleanze. Non cerca attenzione: la devia. Non alimenta il culto della personalità: lo dissolve. Ma intorno a lui — tra Parigi e Palo Alto, Torino e Bruxelles — le grandi partite del capitalismo europeo continuano a girare. Silenziose. Ma mai casuali. Proprio come lui.